Descrizione
Il volume, nell’offrire una sintesi il più possibile completa dei modi in cui storia della Chiesa e storia della lingua italiana si sono sovrapposte, approfondisce aspetti fin qui trascurati dal punto di vista linguistico. Si ricostruiscono, in particolare, l’azione svolta dalle istituzioni educative, spaziando tra i collegi dei gesuiti e le scuole per gli emigrati italiani organizzate tra Otto e Novecento, il peso che, soprattutto nel XIX secolo, la letteratura devota ha avuto sull’istruzione del popolo, e le tecniche di comunicazione ai fedeli sempre adeguate, dall’Italia del Trecento all’America degli emigrati, alle esigenze dell’uditorio. Dalle origini fino ai discorsi di papa Francesco, le tracce della Chiesa e della cultura religiosa sono ricostruite anche nelle parole e nelle espressioni che lungo i secoli si sono stabilmente mantenute sedimentandosi nella lingua comune.
L’intreccio indissolubile tra la storia non solo linguistica del paese e il sentire cristiano-cattolico che pervade anche la vita dei non credenti mostra tracce palesi nella nostra lingua: parole, metafore e immagini si sono trasmesse senza soluzione di continuità dalle origini fino ai nostri giorni, mutando talvolta il proprio significato o l’ambito d’uso, ma non giungendo mai a subire degradazioni semantiche.
La frequentazione assidua dei luoghi di culto e dei riti liturgici, che un tempo scandiva la vita del popolo, rendeva familiari anche ai meno colti i passi del Nuovo Testamento e, se era facile che il latino della messa potesse risultare confuso, dando vita a false ricostruzioni, era anche usuale che alcune espressioni fossero correttamente ricondotte alle singole parabole del Vangelo.
Oggi è cambiata la percezione dei parlanti, che non sempre colgono il significato originario di alcune parole e quasi mai sanno ritrovarne la fonte, a meno che non si tratti di persone colte o di praticanti assidui; nonostante ciò, rimane intatta la capacità di avvertirne la natura religiosa, quasi a conferma di un amalgama indissolubile che si è andato cementando nel tempo.
Una nuova capacità di penetrazione nella lingua comune hanno invece conquistato le parole di papa Bergoglio, sulla cui comunicazione particolarmente vigorosa questo libro si chiude.
Già da alcuni anni l’uso sapiente che i pontefici hanno fatto dei media ha favorito la loro popolarità e ne ha accresciuto l’ascolto da parte degli italiani; tuttavia, il modo in cui le espressioni elaborate da papa Francesco tendono a sedimentarsi nella nostra lingua non discende da un ricorso avveduto alle risorse mediatiche, ma dalla capacità di parlare con assoluta sincerità, rivolgendosi al proprio pubblico in modo diretto senza frapporre né filtri né finzioni.
Non è una novità assoluta come si dice da più parti: è, come lo stesso Bergoglio ha spesso avuto modo di ripetere, la lettura più autentica del Concilio vaticano II, con cui ci si è impegnati a riconciliare «cultura d’ispirazione cristiana» e «cultura moderna d’impronta illuminista», ponendo fine a pregiudizi e conformismi e riaprendo «le porte per un serio e fecondo incontro». (cit. dalla lettera di papa Francesco a Eugenio Scalfari, in “la Repubblica”, 4 settembre 2013)
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